Quel giorno sono uscito fuori strada

Quel giorno sono uscito fuori strada

Fabio era magro e aveva un’Arna, bastava per prenderlo in giro, in quel periodo, in quell’età, tutti ci prendevamo in giro per qualunque cosa, credo per reazione nervosa, Fabio aveva occhiali neri e un accattivante accento romano, quel giorno era nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, in macchina, con me. Gavino era stanco e si era fatto accompagnare all’ingresso dell’arsenale, eravamo a La Spezia, appena diciottenni, e io forse, come sempre, ero il più piccolo. Avevo comprato una macchina importante, considerando che ero magro, forse poco meno di Fabio, una 131 mirafiori 1300 benzina, era una macchina grande, ma che portavo con la naturalezza di chi sorride istintivamente ad una bellissima ragazza. Era la macchina del meccanico di mamma, quale miglior garanzia di affidabilità meccanica, e manutenzione programmata, benché allora le macchine non necessitavano di troppi controlli, ma io che facevo spesso La Spezia – Taranto e viceversa, tenevo sotto controllo qualunque parte della macchina. La Spezia inizia dal mare e finisce sotto le montagne, e io, come spesso facevo quando avevo tempo da perdere, girovagavo in macchina, l’ho fatto ovunque, in qualunque condizione, non capitava spesso di avere tempo da perdere, ma quando lo avevo lo sfruttavo così, si, dico sfruttavo perché considero imperdibile il tempo che ho passato in macchina da solo, mi piace guidare, tantissimo, e nel piacere del guidare io penso, penso e penso, rimugino, vaglio e verifico, o amplifico cose successe, positive o negative, adoro pensare, e pensare mentre guido probabilmente mi viene naturale come fare due, o più cose contemporaneamente. Nel mio girovagare intorno a La Spezia avevo trovato una strada, credo provinciale, con parecchie curve, che mi piaceva fare in entrambi i sensi, spesso facevo stridere le gomme per testare il limite della macchina, la trazione posteriore della 131 era meravigliosa rispetto all’anteriore alla quale adesso siamo abituati, o costretti. Non mi sono mai addentrato in conoscenze rallystiche o terminologie tipo sottosterzo sovrasterzo o altro, però conoscevo perfettamente la mia macchina, e il mio istinto per la guida faceva il resto. ero magro, eravamo magri, magri di quella tensione che si ha solamente dopo un corso in marina, dopo una scelta difficile ma necessaria, magro di quelle notti di guardia passate a pensare, con mitra o pistola appresso, magro di quel nervosismo insomma. Credo che quella sera fossimo in Versilia, forse a prendere un gelato, dopo essere andati nella nostra spaghetteria a La spezia, per mangiare piccantissimo, fino a sudare, la norma per me, mentre Roberto aveva l’abitudine di rovesciare la formaggiera nella pasta, e dove tutti guardavamo le curve generose della figlia del proprietario, gentilissima. Rientrati credo intorno alle 23 dalla Versilia Gavino rientrò sul Vespucci, ma io e Fabio no, son riuscito a convincerlo che avevamo ancora un’oretta prima della mezzanotte e che lo avrei portato a fare un bel giro in quelle curve sopra La Spezia. Credo che Fabio non fosse molto convinto, ma acconsentì. Scivolo velocemente per una città che, essendo prettamente militare, dopo una certa ora era molto vuota di macchine e soprattutto di persone, mi avvio verso la mia stradina preferita e, chissà perché, metto la cintura di sicurezza, e così Fabio. Chi ha la mia età considera impensabile l’uso della cintura di sicurezza, quasi un segno di debolezza, ma noi che viaggiavamo per oltre mille chilometri in autostrada la mettevamo in automatico al casello, e io quel giorno, la avevo, e lo ricordo bene. Forse è stata la presenza della cintura stessa a farmi andare leggermente più veloce, errore gravissimo, conoscevo perfettamente la macchina senza la cintura. Più volte ho fatto da solo dieci, dodici ore di macchina tutte di fila solo per un fine settimana di amore e sesso. avevo la mia sveglietta sempre nel cruscotto, pi pi pi pì, pi pi pi pì, come quasi tutte le svegliette faceva proprio così. Quando mi sentivo troppo stanco mi fermavo e addormentavo in macchina, mezz’ora e poi di nuovo alla guida, lo ho sempre fatto. Nina Hagen riempiva la macchina delle sue urla, io e Fabio non parlavamo mentre salivamo su per curve e tornanti, con la cintura di sicurezza, solo adesso mi rendo conto, e mi giustifico dopo 33 anni, averla mi ha dato la sicurezza di osare. La musica non ha mai condizionato i miei pensieri nei miei lunghi viaggi, credo di avere una cultura musicale complessa, da ‘A Passion Play’ dei Jethro Tull, opera sconosciuta ai più, fino alla musica classica, passando per Zappa, Sex Pistols, Genesis e chi più ne ha più ne metta, e tutt’ora sperimento generi e nomi nuovi, o solo sconosciuti, internet aiuta molto, ascolto radio che trasmettono Rock Progressivo e ogni tanto scopro cose che poi faccio mie. Ma quel giorno credo ci fosse Nina Hagen. Terza e seconda, acceleratore frizione e freno, il volante sottile, il vetro come quello che ha modificato l’esistenza di Giuseppe in uno sfortunato incidente avuto con Gianfranco. Stessa 131, ma la mia era celeste scura, quella di Gianfranco era bianca. Fabio si teneva alla maniglia, io giostravo tra marce e volante, veloce nella salita, che sapevo sarebbe terminata con una curva a destra, per poi scendere di nuovo. Si, acceleravo e sentivo il motore e le gomme, piacevole avere il controllo di un mezzo meccanico, esserne tutt’uno. In cima arrivo davvero veloce e anche Nina Hagen lo aveva capito, credo che in quel momento urlasse più del solito, finisco la salita, terza, seconda credo, e mi rendo conto che la macchina diventa leggera, si, una volta finita la salita, la fisica prevede che a quella velocità qualunque macchina tendesse a superare la forza del suo peso e staccarsi dal suolo. Un solo istante, io che ero tutt’uno con la macchina, il distacco, la leggerezza della macchina, l’ho percepita, forse anche Fabio, istintivamente levo il piede dal pedale dell’acceleratore, ma meno male non freno, la macchina che inizialmente avevo diretto verso destra va dritta, nemmeno il tempo di toccare la marcia, leggeri e veloci sfioriamo con le gomme l’asfalto, che non fanno nessuna presa su di esso. La traiettoria della macchina è costante, tengo il volante stretto, aver levato il piede dall’acceleratore avrebbe dovuto far crollare la macchina sull’asfalto e farmi riprendere il controllo, ma nulla, la macchina si infila oltre l’asfalto, nel buio, allora si, freno, con tutta la mia forza, tendo le mani sul volante, stavamo scendendo in verticale, un attimo, e poi lo schianto. Fermarsi in un istante, ma rendersi conto di esserci. Nessun silenzio, Nina continuava ad urlare e suonare, guardo Fabio mentre Fabio guarda me, siamo in verticale, solo giusto qualche grado in meno, il minimo , credo, perché la macchina non si ribalti in avanti facendoci fare una spiacevole capriola. Spengo, non so come, la musica, Fabio istintivamente slaccia la cintura e finisce addosso al vetro, e immediatamente riesce ad aprire la portiera che, con un rumore assordante, si apre di novanta gradi, non so come sia uscito, stavo cercando anche io di uscire, io ho però prima aperto la portiera, allora ho puntato il piede sinistro nella cerniera più alta, e allora attaccato al volante ho slacciato la cintura, quanto ero magro, piccolo, rispetto alla macchina, e son riuscito a saltare giù. Guardo in alto, sono passato, sfiorandoli, tra due alberi, sei, sette metri più su, la strada, il solco della frenata, giù invece un gradino sul quale il muso della macchina si era fermato, e una casa. Un marito e una moglie di La Spezia, di quella casa sotto la curva, usciti velocemente, dopo averci chiesto e comunque visto che non avevamo ferite o simili, ci hanno rassicurato, eravamo in quell’anno la terza macchina che volava li giù, quasi in casa loro. L’indomani, di domenica, Claudio scattava delle inutili fotografie con un rullino deteriorato, e un carro attrezzi tirava su la macchina che, riposizionata in orizzontale, era praticamente illesa. Ho provato ad accenderla, perfetta, son tornato da li in arsenale. La mia seconda macchina fu una’altra 131, ma quella che è uscita fuori strada fece ancora parecchi chilometri. Quel giorno si, sono uscito fuori strada.

Cesare

7 Luglio 2015

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