Che peccato

Che peccato

Ho scagliato la prima pietra, peccato, era anche l’ultima.
Ora resto senza pietre, ma con la voglia di guardare negli occhi quelli che ho
colpito, come un prete che guarda negli occhi i fedeli, senza vederli. L’anonimato
di quelli che scagliano le pietre rimane simile a quello degli alcolisti, alla
fine si trovano tutti insieme, si salutano, si dichiarano, si tengono una mano,
una sola mano, perché l’altra la lasciano libera per la bottiglia. Peccare è la
base dell’esperienza, perseverare nel peccato ha due soluzioni, la prima è
semplice, il peccato rende bene e smettere sarebbe difficile, la seconda è che
peccare è piacevole, molto piacevole, quindi smettere non è da considerare. Smettere
di peccare invece rende quel peccato assolutamente noioso, inutile,
praticamente dichiarando che quello non è mai stato un peccato.

Abbiamo tutti imparato peccando, nell’assioma della stessa
regola del peccato dettata ogni volta da entità diverse.

Da piccoli non dovevamo fare i capricci, poi non dovevamo
tornare tardi, poi non dovevamo ubriacarci o farci le canne, poi non dovevamo
fare figli, e costantemente non dovevamo mancare di andare a messa, peccato
costante per quasi tutti, con i genitori indifferenti e rassegnati,
probabilmente anche loro vessati nella loro gioventù, e quindi magari anche
contenti di tale peccato.

Crescendo si modificano gli assiomi, dettati finalmente da
se stessi, e nulla è più peccato, il peccato diventa infatti quello che fanno
gli altri, come per esempio quella che è morta di overdose, che peccato, era
così carina, non è nemmeno peccato la cugina incinta da minorenne, che ha solo
cercato di scappare da genitori ossessivi e possessivi, che peccato, poteva
fare la sua vita normale, sposarsi maggiorenne in chiesa e senza il peccato
della vergogna, ma son peccati suoi, perché noi se siamo qua vivi e non morti
di overdose quel peccato non lo abbiamo mai commesso, e nemmeno siamo mai stati
in galera per peccati vari, mentre ben vengano i peccati i cui risultati son
dei figli bellissimi, da tirare su con un’energia unica, la sola che si ha da
giovani, peccato invece per i figli neonati dei cinquantenni.

Da grandi i peccati sono le cose che da piccoli abbiamo
lasciato perdere; peccato, se fossi rimasta col mio ex forse adesso starei
meglio, ma peccato che il tuo ex in quel periodo fosse assolutamente nella
campana di vetro dei genitori, quindi loro, non lui, ti hanno lasciata fuori in
quanto poco ‘degna’, o viceversa, che peccato rovinare la vita ai figli in
questa maniera, che peccato impedire a giovani minorenni di riprodursi
naturalmente tra di loro quando lo desiderano, che peccato evitare di farglielo
desiderare.

Peccato per quella professoressa stronza che mi ha bocciato,
peccato per non aver avuto voglia di laurearmi, peccato per quel lavoro che non
mi piaceva, mentre questo che mi piace non mi permette molto, peccato, in
questi peccati ci si trova soli, e raramente in questi peccati c’è il consiglio
di altri, che dall’alto della loro esperienza, che non è mai la tua, decidono
per te, peccato che tu glielo abbia permesso.

Da vecchi i peccati si confessano, con la paura del non
perdono, si confessano in un ritorno alle origini, negando un’esistenza intera
passata a bestemmiare una chiesa, una religione, a discapito di scienza e dati
certi, peccato non poter avere coerenza e dover modificare assiomi con una
facilità unica, comoda, inquietante.

Chi è con peccato, eviti le pietre, tutte.

Cesare

12 dicembre 2016

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